Pesce rosso

Il Dipartimento di Filosofia e Ingegneria dei Viaggi nel Tempo si trovava al terzo piano dell’antico edificio che ospitava l’Università Statale. Gaia lo aveva trovato seguendo le istruzioni contenute dentro la busta gialla arrivata quella mattina. Normalmente non si sarebbe fidata di una lettera anonima (anche se di color narciso, il suo preferito), però le istruzioni che includeva avevano qualcosa di unico: erano state scritte da lei, ma non ricordava di averlo fatto. Quando entrò nell’ufficio, tre persone la stavano aspettando.

Gaia si era fatta un’idea un po’ distorta del Dipartimento, immaginando che i filoingegneri o gli ingegnerofili (come aveva preso a chiamarli nella sua testa) che operavano in quella Facoltà avessero l’aspetto di scienziati pazzi, con lunghi baffoni e ricci spettinati. Invece coloro che l’accolsero – una donna e due uomini – sembravano più che altro musicisti tormentati, con felpe sportive e jeans strappati; uno di loro in effetti aveva anche i ricci spettinati, ma questo era l’unico dettaglio che tornava.

Fu subito fatta sedere e senza tanti preamboli le dissero che era destinata, proprio quel giorno, a compiere un breve viaggio nel tempo. Anzi brevissimo, doveva tornare indietro di neanche trenta ore, un gioco da ragazzi. Gaia non riusciva a ordinare le domande che aveva in testa. Uno dei filoingegneri, compresa la confusione, cercò di fare un po’ di chiarezza:
Tra circa dieci anni una donna di nome Gaia Pace varcherà quella porta e prenoterà uno dei servizi da noi offerti” spiegò, indicando l’ingresso da dove era appena entrata lei.
Chiederà che la se stessa di dieci anni prima compia un viaggio nel tempo di un giorno solo. Giunta alla destinazione spazio-temporale prescelta dovrà portare a termine una missione specifica, che a breve verrà illustrata. Per portare la se stessa del passato qui oggi, Gaia Pace ci farà avere una lettera gialla scritta di suo pugno che noi abbiamo spedito all’indirizzo a cui risiedi. L’hai ricevuta stamattina, come avevamo calcolato. Quindi, al momento, sta andando tutto come previsto”. Sorrise, sperando di aver sciolto alcuni dubbi.

Gaia, che aveva sentito parlare di viaggi nel tempo da poco grazie a un famoso documentario Netflix, era però ancora molto confusa:
Quindi io tra dieci anni organizzerò un viaggio nel tempo per me? A ieri?” chiese.
Esattamente” le risposero in coro i tre.
E perché la me del futuro, diciamo la Gaia 2, non è andata direttamente nel passato a compiere questa “missione”?” mimò le virgolette con le dita.
Ottima domanda” sorrise l’altro ingegnerofilo: “perché nel futuro di Gaia 2 i viaggi nel passato saranno vietati. Troppi casi di gente che tentava di cambiare la storia, tipo uccidere Hitler, vedere i dinosauri, suggerire quali azioni comprare in borsa… Insomma, humans being humans”, rise della sua battuta.
A quel punto si intromise il primo dei tre che aveva parlato:
Diciamo che stiamo giocando sui confini, sulla zona grigia di quello che è permesso e di quello che non lo è. Tu oggi puoi andare nel passato legalmente parlando, ma il nostro Dipartimento è relativamente nuovo. Quindi, anche volendo, non potremmo farti viaggiare in uno spazio temporale ampio. Nel futuro avremo invece gli strumenti per farlo, ma la legge e il buon senso, visto tutto quello che succederà, non ci permettono di farlo”, si fermò un secondo per capire se Gaia lo stava seguendo. “Hai giocato d’astuzia e hai mandato un messaggio dal futuro, aggirando le regole. Quindi eccoci”.
Gaia a quel punto rise: quella mossa era proprio da lei. Le cose iniziavano ad avere senso. Si mise comoda e iniziò:
Perfetto. Come funziona?”

*

Trenta ore prima Gaia, come ogni giorno, era andata al lavoro. C’era un uomo sul tetto, lo aveva visto non appena uscita dalla stazione. Se ne stava accucciato sulle tegole di un palazzo di tre piani, le ginocchia al petto e le mani abbracciate alle gambe, col cappuccio della felpa nera tirato sulla testa. Guardava l’orizzonte, sembrava l’uomo più solo del mondo. Gaia era passata davanti al palazzo su cui lui stava rannicchiato come una vedetta o un comignolo e da lontano aveva tentato di incrociare il suo sguardo. Per la frazione di un secondo quella scena le era sembrata familiare. Anche io, voleva dirgli con gli occhi, anche io sono sola. E se siamo soli in due, forse la solitudine non ci sembrerà così sconfinata. Ma l’uomo non pareva vederla. Piovigginava e il cielo grigio non dava segni di miglioramento. Gaia si era chiesta da quanto tempo fosse lì a prendere acqua. Quando infine aveva girato l’angolo, si era accorta che la via era occupata da svariate volanti della polizia e un’ambulanza, tutti impiegati nella sorveglianza di quell’uomo.

Era arrivata in studio pensierosa, pronta a chiedere ai colleghi se anche loro avessero visto l’uomo appollaiato, ma quando aveva aperto la porta dell’ufficio si era accorta che era semideserto.
Dove sono gli altri?” aveva chiesto entrando, sapendo che Vanni e Innocenzo dovevano essere alle loro scrivanie proprio dietro alla libreria.
Li ho mandati a prendere un caffè” aveva risposto Vanni e dalla nota stridula del suo tono di voce Gaia aveva capito subito che c’era un problema. Quando si era affacciata nel vano in cui era collocata anche la sua postazione, aveva visto Innocenzo – braccia avvolte al petto – in piedi nell’angolo tra due pareti, ai suoi piedi un monitor fracassato. Al centro dello spazio Vanni, presumibilmente l’autore del lancio del monitor, mani sui fianchi e petto in fuori, fissava l’altro.
La presentazione era oscena” aveva spiegato con la stessa nota stridula e severa nella voce, “è tutta da rifare”.
Cosa non funzionava?” Gaia aveva misurato le parole, sapeva di doversi muovere in punta di piedi quando il suo capo aveva questi colpi di testa. Bile, stizza, collera, aveva finito i sinonimi per definire quell’atteggiamento.
Non si capiva un cazzo” aveva risposto lui, alzando il tono di una nota.
In una giornata normale non ci sarebbe stato altro da dire, Gaia avrebbe fatto un sospiro e si sarebbe seduta alla scrivania, dove dal suo monitor – ancora intatto – un pesce rosso ritratto nella sua boccia l’avrebbe fissata inerme. Avrebbe passato la mattinata a sistemare un documento che aveva già rivisto infinite volte, arrovellandosi su dettagli minimi che non avrebbe notato nessun altro, cercando di apportare migliorie per compiacere il capo, ma che non avevano realmente senso. Avrebbe anche chiamato il cliente per rinegoziare la deadline di consegna, per l’ennesima volta. Ma quella non era una giornata normale poiché lei aveva deciso di andarsene.

Senza dire una parola, Gaia aveva iniziato a raccattare le sue cose dalla scrivania e le aveva buttate in borsa disordinatamente. Sotto lo sguardo attonito di Vanni si era diretta verso l’uscita. Prima di andarsene aveva annunciato:
Io mi licenzio, non aspettatemi domani” e si era chiusa la porta alle spalle. Aveva sentito le urla furiose di Vanni abbattersi contro la blindata ma non se n’era curata e aveva preso la via di casa.

*

Gli ingegnerofili iniziarono a illustrare il funzionamento del viaggio nel tempo usando lo schermo alle loro spalle.
Partiamo dal principio” disse Alfredo, quello dei tre coi ricci disordinati, “non esistono passato, presente e futuro universali. Noi ci immaginiamo di vivere su una linea, abbiamo del tempo una visione lineare appunto. Ma il tempo è circolare. Letteralmente tante realtà stanno accadendo insieme. Ed è questo che confonde la mente umana”.
Gaia annuì poco convinta.
Diciamo che noi siamo qui” Delfina, i capelli tinti di azzurro, le indicò un punto sullo schermo su cui era disegnata una sorta di nube luminosa, “ma siamo anche qui, qui e qui, a seconda del tempo a cui ci riferiamo. Ci muoviamo tutti insieme e la nostra realtà si plasma di continuo a seconda delle azioni che decidiamo di intraprendere nei diversi frame temporali. In un certo senso, erano dieci anni che ti aspettavamo” concluse, aggiustandosi gli occhiali dalla montatura spessa che le erano scivolati sulla punta del naso.
Quella frase riecheggiò nella testa di Gaia facendole venire i brividi.
È per questo che nel nostro Dipartimento operano ingegneri fisici come Delfina e filosofi come Alfredo e me” riprese la spiegazione Andrea, l’altro uomo del trio: “perché un viaggio nel tempo non è semplicemente lo spostamento di cellule da una realtà a un’altra, ma è una scelta di vita molto più complessa e potente di come non si intenda”.
Gaia seguiva, ansiosa di avere tutte le informazioni.
La filosofia e l’ingegneria tendono a trattenere la realtà all’interno di sistemi logici, perché vogliono spiegarci il mondo e il tempo attraverso un’ottica raziocinante”, nel frattempo lo schermo proiettava immagini luminose, forme colorate che si mischiavano e plasmavano tra loro, “al contrario, il viaggio nel tempo innesca una forma di realtà tutta nuova che in parte cancella i confini della razionalità, ma si affida al nostro intuito. Torniamo nel passato per fare ciò che è giusto”.
Qual è la mia missione?” chiese a quel punto Gaia, iniziando a comprendere che forse c’era qualcosa in gioco di più alto di quanto non si fosse immaginata.
La missione che stai per compiere sarà un’esperienza al di là del senso logico o della ragione. Devi essere pronta a questo” rispose Delfina tono serio.
Gaia fece di sì con la testa, quindi l’ingegnera continuò:
Ottimo. Ora dicci, quando hai visto il tuo amico Innocenzo per l’ultima volta?”

*

Quando Gaia aveva varcato l’uscio dello studio per tornarsene verso casa, si era sentita immensamente sollevata. Non vedeva l’ora di lasciarsi quel lavoro ma soprattutto Vanni e la sua bile alle spalle. Eppure non riusciva a scacciare via la punta di senso di colpa e apprensione che sentiva nella gola. Aveva scelto lo sfondo del computer quando aveva iniziato a sentirsi prigioniera delle consuetudini di quella occupazione, e il pesce chiuso nell’acquario con gli occhi gonfi e imbambolati era la perfetta rappresentazione del suo stato d’animo. Nel giro di qualche mese si era resa conto che gli scatti di ira di Vanni scandivano il tempo di tutti: se era in buona ti beccavi solo qualche urlata, se era di cattivo umore le sfuriate si facevano più pesanti e non saresti tornato a casa per cena. Se il malumore fosse stato di un grado ancora più alto, nessuno avrebbe avuto scampo, nemmeno i monitor. E poi c’era tanto lavoro organizzato malissimo, i processi bloccati dall’atteggiamento ansiogeno e collerico del capo che doveva controllare ogni singola mail prima che venisse inviata, figurarsi una presentazione. Un vortice frustrante che impediva a chiunque di finire un compito, ma soprattutto di avere una vita fuori dall’ufficio. E forse era proprio questo il vero e unico scopo dell’atteggiamento di Vanni: avere il pieno controllo delle persone che lo circondavano, solo per il perverso piacere di sentirsi potente. Compresi quali meccanismi facevano muovere la routine dello studio, Gaia aveva deciso di andarsene e proprio quel giorno aveva attuato il suo piano. Tuttavia il problema non era tanto licenziarsi, piuttosto era lasciare lì Innocenzo, suo amico dai tempi della scuola. Avevano iniziato il lavoro insieme e proprio a lui aveva confessato la decisione di andarsene non appena aveva compreso il delirio di regole su cui si reggeva – male, malissimo – l’azienda.
Non capisco perché anche tu non te ne vada” gli aveva sussurrato un giorno in bagno, mentre gli asciugava le lacrime dopo una delle ignobili piazzate. Innocenzo si era chiuso nel silenzio e il pianto era divenuto ancor più incontrollabile. E lì lei aveva finalmente afferrato: lui e Vanni stavano insieme.

In effetti non era sempre andata così male. Nei primi tre mesi dal loro ingresso in studio, Vanni si era prodigato in complimenti e atteggiamenti riguardosi, in modo particolare nei confronti di Innocenzo, di cui ogni giorno celebrava la bravura. Belle parole, riconoscimenti e premi. Poi il tutto si era silenziosamente arrestato. All’inizio Gaia non ci aveva fatto caso, se n’era accorta quando – di contrappasso – erano iniziate le sfuriate che, manco a dirlo, colpivano tutti ma Innocenzo in primo luogo. Era la ferocia delle parole usate che la urtava di più. Senza contare la violenza nascosta nei piccoli gesti, la tecnologia frantumata, i divieti non espressi eppure così invalicabili.
Dovevi dirmelo, Noce” lo aveva rimbrottato. Lui si era stretto nelle spalle, lo sguardo colpevole.

Mentre camminava verso casa, intravedendo già le luci delle volanti a sorveglianza dell’uomo sul tetto nei pressi della stazione, Gaia si era sentita toccare un braccio. Quando si era voltata aveva visto Innocenzo, il volto rigato di lacrime per l’ennesima volta. Non le aveva dato il tempo di parlare e l’aveva stretta in un abbraccio. Un abbraccio silenzioso, vibrante, pieno di calore. Era durato qualche secondo e quando si erano staccati lui aveva fatto subito dietrofront verso l’ufficio. Lei sapeva che averla rincorsa gli sarebbe costato almeno un paio di giorni di grida alternate a silenzi punitivi. La sua espiazione. Non aveva avuto il coraggio di fermarlo, ma aveva la netta sensazione che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe visto.

*

Gaia si agitò sulla sedia, aveva temuto che la missione avrebbe riguardato il suo grande amico.
Ieri” rispose con un filo di voce, “ho visto Noce ieri e non penso che lo rivedrò molto presto”. Gli ingegnerofili si scambiarono un cenno tra loro e Delfina riprese:
Nel frame temporale di Gaia 2 è esattamente quello che avverrà. Dopo che vi sarete salutati con un abbraccio, come ci racconterai tra dieci anni, non vi parlerete più. Ti bloccherà sui social, eviterà qualsiasi tuo tentativo di contatto, non vi incontrerete nemmeno per strada” Gaia ascoltava rassegnata. “Il compagno di Innocenzo, Vanni, lo convincerà ad andare a vivere da lui, diventando contemporaneamente suo datore di lavoro e suo padrone di casa. Gli limiterà sistematicamente i contatti con gli amici. Anzi, tu sarai la prima di quello che tu stessa definirai “processo di epurazione” delle conoscenze intime di Innocenzo. Nel prossimo futuro anche le comunicazioni con la famiglia saranno centellinate. Alla fine non gli rimarranno molte persone vicine”.
Andrea prese la parola:
È una forma di abuso emotivo in cui il carnefice sfrutta le insicurezze della sua vittima. Dopo una fase di attenzioni e gesti seduttivi, si passa alla svalutazione e all’isolamento della persona. È molto difficile uscirne, bisogna far leva su tanta volontà. Purtroppo per Innocenzo questa situazione durerà anni e finirà nel peggiore dei modi”.
Gaia strinse le mani in un pugno, le nocche le divennero bianche.
Tra dieci anni Innocenzo si toglierà la vita” disse Andrea con la voce bassa, sfregandosi la testa “Gaia 2 sta cercando di impedirglielo”.

La ragazza fissò i colori liquidi sullo schermo. Nei mesi appena trascorsi si era sentita spesso molto sola, così sola come non lo era mai stata. Aveva cercato di spiegare agli amici e alla famiglia cosa non andasse in quel lavoro, ma lo svilimento continuo, la mancanza di empatia avvenivano attraverso atteggiamenti troppo sottili per essere raccontati. E di contro quella sottigliezza era perfetta per insinuarsi nelle maglie della sua sicurezza, facendole mettere in dubbio profondamente cosa era in grado di fare e cosa no. Si era sentita una stupida e la solitudine aveva preso la forma di un bisogno infinito di un contatto, ma perpetuamente insoddisfatto. Tuttavia Gaia pensava che se per lei era stato un periodo difficile, per Innocenzo la solitudine doveva avere un volto mostruoso e terrificante. Un pesce rosso prigioniero nella sua boccia.

Sei ancora qui?” Alfredo le porse un bicchier d’acqua. Gaia accennò un sorriso e disse:
Ho una domanda. Se Noce morirà tra dieci anni, cosa posso fare io ieri per cambiare questo avvenimento?”
Hai sempre ottime domande” le sorrise di rimando Alfredo, “qui infatti si intrecciano i campi in cui lavoriamo, rendendo possibile una missione ontologicamente impossibile”.
Uff, come parlano difficile questi filosofi” intervenne Delfina ridendo, “menomale che c’è una fisica. Passiamo a un esempio pratico: immagina un evento negativo, tipo un vaso che si rompe. Quando accade un guaio, i minuti successivi al disastro sono quelli in cui sembra possibile riparare al danno fermando il tempo. Pensi al vaso che fino a qualche momento prima era intatto tra le tue mani e poi è in mille pezzi sul pavimento, e ti chiedi come sia potuto succedere. Hai presente la sensazione? È il cervello che realizza quello che è avvenuto. E vale lo stesso per le tragedie su vasta scala, come un incidente in cui ci sembra possibile riportare in vita qualcuno. Ed è esattamente in quel momento cruciale che ti rimanderemo, quello dove il cambiamento è davvero possibile, qualche frangente prima che succeda il guaio”.
È come una torre a cui togliere un tassello” aggiunse Andrea, indicando lo schermo dove si componeva e scomponeva uno Jenga, “devi trovare quello che la fa stare in piedi e devi farla crollare. Altrimenti sarà impossibile costruire un futuro diverso”.
Gaia 2 ha individuato a ieri il momento esatto in cui cambiare gli eventi” concluse Delfina, “quello che devi fare è convincere Innocenzo a venire via con te mentre te ne vai”.

Gaia sospirò frustrata. Come se non ci avesse mai pensato. Mentre andava via dallo studio l’unica cosa che la preoccupava era come portare via di lì anche Innocenzo. Si erano conosciuti da bambini, tra i banchi di scuola. Era difficile spiegare cosa lo rendesse così speciale. Si ricordava quando la loro maestra aveva assegnato alla classe il compito di disegnare le reti dei pescatori e di cosa vi si trovasse dentro dopo una lunga giornata in mare. Tutti gli alunni si erano prodigati in disegni di pesci coloratissimi, reti colme di sfumature guizzanti. Tutti tranne uno. Innocenzo aveva disegnato una bottiglia di vetro con una pergamena ripiegata all’interno. Gaia l’aveva sempre trovato geniale. La sua creatività, la sua ironia dirompente trovavano sfogo nel suo modo di interpretare l’universo. Una persona meravigliosa sempre pronta a tirare su il morale agli altri, a vedere il bello anche dove non ce n’era, pur rimanendo consapevole di tutte le amarezze della vita. Quando le faceva un complimento lei protestava, perché la persona fantastica era lui. Innocenzo si arrabbiava e le diceva che doveva imparare ad apprezzarsi, doveva accettare tutti i complimenti, anzi doveva chiederne di più. All’improvviso Gaia prese coscienza che quell’uomo così unico entro dieci anni non sarebbe più esistito, addirittura la sua cancellazione dalla terra era già iniziata.

La ragazza si scosse dai suoi pensieri e chiese:
Perché Gaia 2 non ha mandato un messaggio alla me di ieri? Perché devo tornare indietro nel tempo? Non sarebbe stato più semplice farmi compiere la missione nel mio frame temporale piuttosto che tornarci?”
Perché devi letteralmente rompere il tempo” le spiegò Delfina “devi spezzare una catena. Ce l’hai detto tu stessa, nel futuro: quando vi siete abbracciati hai capito che quella sarebbe stata l’ultima volta che vi sareste visti. Quella certezza deve essere la tua forza per creare un frame alternativo. Senza quella certezza non ce la potresti fare. Quello che conosci della tua realtà è a suo modo rassicurante, perché fornisce l’apparenza del controllo sulla complessità. Mentre il viaggio nel tempo si basa sullo spaccare questa complessità”.
Una missione ontologicamente impossibile resa possibile” ripeté Alfredo, con i palmi delle mani rivolti verso l’alto.

Quando la infilarono nel macchinario, Gaia era stranamente calma. Il tubo, molto simile a quello per la TAC, simulava la gravità: più si è vicini alla gravità più il tempo scorre piano, avevano detto gli ingegnerofili. Quindi l’avrebbero compressa e strizzata finché il tempo per lei non avesse iniziato ad andare a ritroso, fino a circa trenta ore prima.
Non possiamo trasferire un corpo intero nel passato” le aveva spiegato Delfina, “ma solo la sua essenza. Immaginatela come un campo di energia luminoso”. Ed era così che Gaia stava facendo. Seguendo le istruzioni di quell’équipe dal sapore fantascientifico, stava focalizzando la sua attenzione sui ricordi vividi della giornata precedente. Le avevano chiesto di pensare a qualcosa di unico che fosse successo il giorno prima, poiché il trasferimento temporale poteva creare una leggera confusione nei viaggiatori. A Gaia era subito venuto in mente l’uomo sul tetto e agli sguardi smarriti dei colleghi Andrea aveva risposto:
Ah, certo! Ieri hanno sgomberato una casa occupata a ovest della città e uno degli occupanti, per protesta, è salito sul tetto. Lo hanno tirato giù stanotte”.
Quello sarà il cardine” aveva battuto le mani Alfredo, “dovrai concentrarti su quell’evento bizzarro per avere la conferma che sei nel posto giusto al momento giusto”.
Invece, se inizi ad avere dubbi su te stessa o su quale sia la tua missione” aveva aggiunto Delfina “pensa a qualcosa di estremamente familiare, come la catenina che porti al collo o il colore del tuo smalto. La sensazione di smarrimento che potresti provare è simile a quando ripeti per troppe volte una parola e quella perde di significato. Se accade devi richiamare una specifica immagine alla mente”.
Gaia ci pensò un attimo e all’improvviso le si delineò in testa il pesce nel monitor, amuleto e riflesso durante le difficili giornate lavorative. Infine, prima di azionare il macchinario le fecero un’ultima ma importante raccomandazione:
È difficile creare un nuovo frame temporale” le disse Delfina, “in qualche modo tu stai apportando delle modifiche al futuro di tutti. Se le persone coinvolte nella tua medesima sezione temporale si rifiutano di seguire il cambiamento, è possibile che il tempo si pieghi, dando luogo ad avvenimenti per noi assurdi. Assurdi nel senso che si discostano dalla realtà, come vedere il cielo verde o le persone volare. Se il tempo si piega in questo modo, sappi che sei vicina alla fine del viaggio. Una volta interrotto, ti troverai nel tuo frame qui ora, come se nulla fosse successo. Se invece avrai portato a termine la missione, ti sveglierai nel nuovo frame”.
Gaia deglutì, iniziando a sentire la tensione. Poi fece sì con la testa, chiuse gli occhi e i filoingegneri azionarono il macchinario.

Un’ondata di calore le percorse il corpo, facendola respirare a fatica. Si sentì come se fosse molle e inconsistente, eppure eccessivamente conscia delle proprie membra. Quando quella sensazione smise, aprì gli occhi.

*

C’era un uomo sul tetto, lo vide non appena uscita dalla stazione. Se ne stava rannicchiato, il cappuccio sulla testa. Guardava l’orizzonte e sembrava l’uomo più solo del mondo. Gaia tentò di incrociarne lo sguardo e dopo un lungo secondo quella scena le divenne familiare. Pesce rosso disse una voce da qualche parte, probabilmente nella sua testa se ne avesse avuta una, ma si sentiva incorporea. E all’improvviso si ricordò chi era e cosa stava facendo: era nel posto giusto al momento giusto. Poi, come se si fosse autoevocata, si vide in lontananza; camminava a passo di marcia verso la stazione, la borsa piena degli oggetti che normalmente si trovavano sulla sua scrivania. Alle spalle scorse la figura di Innocenzo che la seguiva. Veloce scivolò verso di loro. Sapeva cosa avrebbe dovuto fare e quando. Aspettò che Innocenzo la fermasse. Si posizionò sulla spalla destra della sé del passato e attese. Quando si sentì toccare un braccio, si voltò. Innocenzo – il volto rigato di lacrime – la strinse in un abbraccio silenzioso, vibrante, pieno di calore. Durò qualche secondo. Quando lui fece per staccarsi, lei richiamò l’immagine del pesce rosso alla mente e la Gaia del passato agì. In un lampo afferrò l’amico per il cappotto e gli disse:
Non tornare, vieni via con me”.
Lui la guardò sconcertato, come se la possibilità di una via alternativa non l’avesse mai sfiorato.
Lascia perdere tutto, un nuovo lavoro si trova” continuò lei, “e anche migliore. Lo cercheremo insieme, posso prestarti del denaro nel frattempo”.
Ma cosa dici?”
Sono seria, Noce, devi venire via di qui, questa cosa ti distruggerà”.
Ma lui…” balbettò Innocenzo “lui mi ama”.
Gaia strinse ancora più forte:
No, Noce, questo non è amore, è controllo. E lo sai”.
Tu non sai cosa dici, non capisci”.
So quello che vedo” seguitò nella stretta lei, anche se Innocenzo aveva iniziato a fare forza e a indietreggiare, “ti aiuterò io”.
Lui è un po’ severo a volte, me ne rendo conto, ma lo fa per me, perché ci tiene”.
Ti ha tirato un monitor addosso stamattina. E chissà cos’altro ti avrebbe fatto se non fossi arrivata io”.
Innocenzo si lasciò scappare una risata nervosa e Gaia lo incalzò:
Anzi, chissà cosa ti fa mentre siete soli”.
Lui non potrebbe vivere senza di me, lo dice tutte le volte, dopo. È solo che perde il controllo. Ha avuto un’infanzia difficile, i suoi scatti di collera vengono da vecchi traumi, ma poi si pente e si scusa”.
Noce, ma non lo vedi? Non è sincero, è un atteggiamento malato”. Non appena pronunciò quelle parole, si pentì di averlo fatto; Innocenzo la guardava arrabbiato e si divincolò per sfuggire alla sua stretta.
Aspetta!” lo stringeva lei “Scusami, lo so che per te questo rapporto è importante, ma ti sta facendo del male e non migliorerà…”
Tuttavia, più lo tratteneva, più Gaia si rendeva conto che stava cercando di farlo uscire da un obbligo usando un altro obbligo. E la sua presa venne meno. Quello fu l’inizio della fine.

Innocenzo diede uno strattone e le sfuggì per tornare verso l’ufficio a passo svelto. Lei lo rincorse, ma una figura aranciata attirò il suo sguardo. Sul marciapiede, delicatamente adagiato come se fosse la cosa più naturale del mondo, c’era un pesce rosso. Fermo e gelatinoso, l’occhio vacuo. All’inizio Gaia non capì, o forse decise semplicemente di ignorarlo, e si affrettò a stare al passo dell’amico. Tese una mano per afferrarlo di nuovo, ma qualcosa di viscido le impregnò il palmo. Guardandolo, vide che era un altro pesce rosso. A quel punto alzò gli occhi per capire da dove fosse arrivato, ma si trovò davanti a qualcosa di sconcertante. Sul tetto di ogni palazzo attorno a lei c’era un uomo. Quando erano arrivati? All’inizio gli uomini dei tetti erano rannicchiati, poi qualcuno si alzò in piedi, altri si mossero e iniziarono a moltiplicarsi: tre, quattro, otto, dieci uomini sui tetti.
Pesce rosso provò Gaia, confusa, ma proprio in quel momento un vero pesce rosso piovve dal cielo e le si schiantò sulla fronte. Schifata, lo rimosse. Iniziando a comprendere di avere sempre meno tempo, corse verso Innocenzo, che però era ormai lontano. In un ultimo disperato tentativo urlò il suo nome, ma lui non si voltò nemmeno e scomparve dietro l’angolo.
A quel punto uno scroscio di pesci rossi iniziò a cadere dall’alto. Le crollavano addosso e tutto intorno. Cercò con gli occhi se gli uomini sui tetti fossero ancora lì ma il diluvio di pesci le offuscava la vista. L’acquazzone divenne insopportabile, la gelatina squamosa le si infilava tra i capelli, le sgusciava in viso, nel bavero del cappotto. Si fece scudo con le mani ma non era sufficiente. Fece un passo per cercare riparo, ma scivolò sui mucchietti di pesci che si erano accumulati ai suoi piedi e perse l’equilibrio. Cadde e sbatté la testa per terra, spappolando l’ammasso di cadaverini rossi col peso del suo corpo. Tutto divenne buio.

*

Quando Gaia si svegliò ebbe la sensazione di riemergere da un sonno centenario. Era ancora sdraiata sul rullo del macchinario nel Dipartimento. Alfredo, Andrea e Delfina erano in piedi accanto a lei. Il passato riempiva la stanza.
Ho fallito” disse Gaia con la bocca impastata, “ho fallito, dobbiamo rifarlo”.
Fece per alzarsi, ma Andrea le poggiò una mano sulla spalla trattenendola.
Dobbiamo tornare al giorno in cui abbiamo accettato il lavoro, così Noce non conoscerà mai Vanni” faceva resistenza lei, “oppure alla prima sfuriata, quando ci aveva colti tutti di sorpresa…”
No, non funzionerebbe” la interruppe Delfina, con tono contrito.
Cosa vuol dire? Non possiamo lasciarlo così” Gaia non si rassegnava.
Ferma” Andrea strinse la presa, “ci hai già provato. Non esiste solo una Gaia 2, ma anche una Gaia 3, una Gaia 4… Se contiamo tutti i tentativi probabilmente arriviamo a quindici copie di te in giro per lo spazio-tempo”. La ragazza, zitta e allucinata, iniziò a piangere.
Sei entrata da quella porta molte volte” raccontò Andrea, “e sei tornata indietro nel tempo più di quante fosse normalmente concesso. Per te abbiamo fatto uno strappo alle regole. Ma ora sta diventando rischioso, il tempo si piega in modo sempre più brutale, ti saresti potuta fare molto male con quella caduta”.
Gaia d’istinto si toccò la testa e scoprì di avere un grosso rigonfiamento, doloroso al tatto.
Non possiamo più rimandarti indietro” annunciò Delfina, “credici, ci dispiace davvero. Ne abbiamo tentate tante. Abbiamo provato a far arrivare dei tuoi messaggi a Innocenzo direttamente, o a ostacolare Vanni. Abbiamo provato a coinvolgere altri vostri conoscenti, a interferire noi direttamente, ma nulla funziona. Non possiamo salvare chi non vuole essere salvato.”
Gaia piangeva sommessamente, soffocando la disperazione.
Vedi” Alfredo le prese una mano, “abbiamo creato questo Dipartimento per dare un senso a ciò che ci circonda nel mondo. Il viaggio nel tempo ci porta a guardare in faccia la realtà, diventando così una visione indissolubile dell’assoluto”.
Cosa devo fare ora?” Gaia, continuando a piangere.
Quello che ti resta da fare è affrontare la tua perdita” le rispose Alfredo e gli altri annuirono. “All’inizio sembrerà assurdo, ti capiterà di pensare ‘questa la devo raccontare a Noce’ per realizzare subito dopo che non potrai farlo. Lo rivedrai nei ricordi e nelle cose che avete fatto insieme. E ti farà male. Prima, per tanto tempo, come una pugnalata. Poi, col passare degli anni, come la puntura di uno spillo. Un dolore però sempre mordente”.
La ragazza ascoltava assorbita e Alfredo concluse:
Comprenderai che non riuscirai mai a lasciar andare quel dolore, non vorrai che smetta. Sarà il tuo modo di tenere viva una persona dentro di te, anche se quella persona non se n’è ancora andata veramente”.

Mentre Gaia indossava il cappotto per tornare a casa, il viso ancora incrostato dalle lacrime salate, chiuse gli occhi per un secondo, rigirandosi le parole di Alfredo in testa. Capiva che gli ingegnerofili avevano ragione, non poteva salvare chi non voleva essere salvato. Ma non voleva nemmeno rassegnarsi e abituarsi all’assenza di Innocenzo. Era quella la fine? Non lo sapeva, avrebbe voluto deciderlo un altro giorno. Nella mano destra stringeva la busta gialla che l’aveva portata fino a lì e non poté fare a meno di desiderare di avere un’ultima possibilità, un tentativo ancora. Avrebbe voluto lasciarsi un altro messaggio, un ulteriore monito per la sé del passato e del futuro. A pensarci bene, una bottiglia di vetro con una pergamena ripiegata all’interno. Gaia 16, 20, 100… Non le importava quante versioni di se stessa avrebbe dovuto creare. D’altronde, come si poteva sopravvivere alla perdita di una persona così importante, si chiedeva mentre usciva dal Dipartimento. Forse non si sopravviveva affatto. Diventava tutto talmente irreale che alla fine non ti sentivi nemmeno più tu la persona a cui era successo. Semplicemente diventavi un’altra.

2 Replies to “Pesce rosso“

  1. Leggere questo racconto dopo il mio recente breakup mi ha fatto riflettere tanto.
    Se potessi tornare indietro, avrei potuto salvare il mio matrimonio? la risposta e’ la stessa del racconto: non puoi salvare una persona che non vuole essere salvata (purtroppo).
    Bellissimo.

  2. Davvero un bel racconto, arriva a toccare dinamiche che molte persone sfortunatamente conoscono. Spero di leggerne di più.

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