Denti di drago

I bambini scesero le scale, marciando in fila unica, ognuno con un barattolo.

Isa aveva insistito per avere il permesso di stare nel giardino sul retro: era considerato imprudente, dallʼIstituto: gli animali selvatici superavano spesso la recinzione. Aveva strappato un compromesso annullabile al primo segnale di pericolo. A differenza degli altri adulti, però, lei si sentiva al sicuro più lì che in aula.

Aprì la porta dellʼedificio e condusse gli alunni sotto la pergola. Quel punto panoramico dominava la valle sottostante. Il centro abitato più vicino era a diversi chilometri, al di là del bosco di aceri.

Ordinò di posare gli esperimenti sulla panca, poi fece compilare la prima pagina del quaderno delle osservazioni.

Giorno 1 ‒ Esperimento: la germinazione (o “dal seme alla pianta”).
Occorrente: 1) barattolo di vetro; 2) acqua; 3) garza; 4) fagioli.
Procedimento: 1) versiamo lʼacqua nel barattolo; 2) copriamo il barattolo con la garza; 3) posiamo i fagioli sopra la garza.

Giulio consumò la pausa oltre il recinto.

Al suo ritorno vide i dieci barattoli schierati sotto la pergola: Anna, Loris, Flavia, Giorgio, Sara, Emanuele, Alex, Vincenzo, Massimo e Daria. Quel luogo garantiva una buona esposizione al sole e un riparo da vento e pioggia. Ma sarebbero diventati facili prede degli animali notturni.

Prima di fare il giardiniere, Giulio era stato un assicuratore. Minimizzare i rischi in tempo di crisi aveva tolto il sonno a molte persone, e la sua espressione rassicurante era stata un efficace biglietto da visita. Anche se aveva perso il lavoro, “salvaguardare” e “garantire” erano i valori che aveva scelto.

Costruì una bacheca per i barattoli e lʼappese in alto, là dove nessuna zampa sarebbe arrivata ad abbrancarli. Per lo stesso motivo pensò di nasconderci anche il sacchetto che teneva al collo.

Intanto una sagoma apparve dietro a una finestra al secondo piano. Giulio ricordò di prestare attenzione a ciò che muoveva, gli avevano raccomandato che alcuni processi non andavano disturbati. Lasciò i barattoli sulla panca e tenne il sacchetto sotto la camicia.

Giorno 2 ‒ Oggi abbiamo bagnato i semi (si dice “imbibire”) e abbiamo visto che cominciano a gonfiarsi.

Isa camminava in fondo alla fila mentre un bambino raccontava di una mucca e un drago. Arrivati alla pergola si zittì e indicò un oggetto in alto.

Era una bacheca, dipinta di un azzurro omogeneo e brillante. Una lastra trasparente e forata copriva le dieci celle. Sotto ognuna si leggeva il nome del proprietario del barattolo.

Isa capì che era opera del giardiniere. Chi gli aveva chiesto di appendere una bacheca sotto la sua pergola?

Lasciò le piantine sulla panca e si calmò ascoltando la storia dellʼuccisione del drago e del sacrificio della mucca.

Giorno 3 ‒ Stamattina sono germogliati tre semi, IL MIO NO. [Tre pallini neri, sette bianchi.]

Isa aveva undici anni quando morì suo padre. Si alzò da tavola per prendere il cavatappi e finì disteso davanti alla madia. Per sempre.

Per lei era stato vittima dei demoni dei cassetti, quelli che si formavano tra le palline di canfora e sbucavano allʼimprovviso dai sacchetti color écru. Le avevano insegnato che per scampare agli spiriti maligni doveva aprire i cassetti con cautela e richiuderli bene.

La fobia di Isa peggiorò con il trasloco. Quando era sola, tra le forme composte e gli spigoli dellʼappartamento, il panico la assaliva. Spostava sedie e tavoli per farsi spazio, poi li metteva a posto e ricominciava. I vicini si lamentarono dei rumori e fu costretta a smettere. Inquieta, scrutava le superfici e sigillava le fessure con il nastro adesivo. Quando si sentiva minacciata, scrostava il legno. Il medico che la visitò fece traboccare i medicinali da una cassettiera. Isa fuggì dallo studio. Iniziò a uscire di casa di nascosto, a seguire i percorsi tracciati dallʼevitamento: qui no, lì no, lì forse. Sua madre le vietò le fughe e Isa passò la primavera sul terrazzo condominiale, avvolta in un plaid, localizzata dal GPS dello smartwatch. Finita la scuola partì per lʼIstituto: la sua domanda per studiare botanica era stata accettata. Stupita di essere stata scelta e che sua madre non la ostacolasse, pensava che la posizione isolata e la struttura austera e senza fronzoli dellʼIstituto potessero domare il suo malessere. Sbagliava, le geometrie variabili dei mobili la braccarono sin da subito. Letti, armadi e scrivanie; poi banchi, sedie e casellari. Cambiava la disposizione dellʼarredamento, una volta addirittura disse ai bambini che era un gioco, e così passarono lʼora a spostare tavoli da un lato allʼaltro della classe. Chiese di stare in giardino: le offrirono una busta di semi e la responsabilità di condurre un laboratorio con i bambini del campo estivo.

Giorno 4 ‒ Oggi sono germogliati sette semi, IL MIO ANCORA NO. [Sette pallini neri, tre bianchi.]
Giorno 5 ‒ Tutti i semi sono germogliati TRANNE IL MIO! [Nove pallini neri, uno bianco.]

Isa trovò Alex sotto la pergola con il giardiniere. Gli altri bambini avevano insinuato che i semi nel suo barattolo fossero finti, così era corso a verificare.

«Quelli che ho piantato, di che specie sono?»

«Sono fagioli. Devono aver mischiato, per errore, due tipi diversi. A te sarà capitato quello che cresce dopo».

«Se fossero denti di drago?»

«Sboccerebbero fiamme più alte di te».

Il giardiniere avanzò di un passo e lei abbassò i toni.

«Ciao, io sono Isa».

Quando diceva quella frase le porgevano la mano o le toccavano una spalla. Incrociare le braccia scoraggiava il contatto e così lo fece anche quella volta. Lui camminò oltre e si allontanò.

Lei si domandò se lʼavesse ignorata di proposito. Lʼombra alla finestra sorvegliava.

Giorno 6 ‒ È GERMOGLIATO IL MIO! [Dieci pallini neri, di cui uno più grande.]

Giulio misurò la distanza tra lʼuscita dellʼIstituto e la panca.

Voleva realizzare un camminamento nel prato, per impedire ai bambini di calpestare lʼerba intorno alla pergola, già secca in più punti.

In magazzino aveva trovato delle assi di legno dʼacero avvolte nella plastica. Lʼacqua piovana si era infiltrata nella copertura, dovette scartare diversi pezzi.

Lʼombra al secondo piano si astenne dallʼintervenire. Unʼaltra ombra, al piano di sotto, appariva e scompariva dal giorno in cui Alex era sceso a chiedere spiegazioni.

Giorno 7 ‒ Abbiamo osservato che sono spuntate le foglie a tutte le piantine.

Il giorno dopo il temporale Alex perse il quaderno. Lo ritrovò sulla panca, accanto al barattolo con il suo nome. Saltò su unʼasse di legno nellʼerba e ringraziò Giulio, che stava tornando dalla pausa. Isa proseguì guardandosi le punte delle scarpe.

Il giardiniere si sistemò la camicia e il bambino spiccò un salto sulla seconda asse. Il primo scivolò sul fango e colpì i piedi di Isa.

«Ahi!»

Dolorante, si aspettava che Giulio le porgesse una mano. Invece raccolse il legno e storse il naso riconoscendo il mucido, lʼodore della terra dopo l’acquazzone.

Giorno 8 ‒ Questa mattina abbiamo visto che alla mia piantina sono spuntate le prime radici. Cresce PIÙ VELOCE delle altre!

Isa fissava i barattoli. Alcuni erano rovesciati, altri rotti. Cʼerano pozze dʼacqua nellʼerba e, a pochi metri dalla panca, la carcassa di una lepre.

Giulio rimase sulla soglia della pergola con le mani sui fianchi. Lei scambiò il barattolo di Sara con quello di Loris.

«Era inevitabile. Le celle della bacheca, le hai fatte troppo strette per metterci le piantine. Quella di Alex è alta, andrebbe nella terra. Metterò a posto prima che se ne accorgano. Lo sapessero, mi impedirebbero di usare la pergola».

Giulio attese, poi puntò i pugni sulle anche.

Lei invertì anche i barattoli di Vincenzo e Massimo.

«Sembra che stai aspettando che me ne vada per restare qui da solo. Perché?»

Nel tentativo di sfuggire, lo sguardo di lui finì al secondo piano dellʼIstituto.

Giorno 9 ‒ Oggi abbiamo sospeso lʼesperimento.

Giulio svuotò il barattolo di Alex. Isa sostituì lʼacqua con tre manciate di terriccio che lui aveva preso in magazzino. Il giardiniere ne tolse una e lei pigiò la restante con la punta dei polpastrelli.

«In un vaso piccolo non puoi mettere la terra che va in uno grande».

«Sono poco pratica».

«Si vede, stavi asfissiando le radici».

«Il concetto, lo capisco lo stesso. Per anni ho dovuto vivere in un appartamento arredato con i mobili di una villa».

«Spero te ne sia liberata».

Disposero nove piantine nella bacheca: Anna, Loris, Flavia, Giorgio, Sara, Emanuele, Vincenzo, Massimo e Daria, e posarono quella di Alex sopra le celle.

Giulio era soddisfatto che fossero popolate, passò la notte con il naso tra aromi di: vaniglia, pino, lavanda, cocco, limone e fragola.

Isa restò sveglia con le unghie sporche.

Giorno 10 ‒ Stamattina abbiamo ripreso lʼesperimento. LʼUNICA piantina nella terra è LA MIA!

La finestra restò deserta da mattina a sera. Isa scese e si fermò prima della prima asse.

«Mi hanno ritirato il permesso».

«Lo immaginavo. A me hanno chiesto se gli animali avevano davvero attaccato la pergola».

«Se avessi negato ti avrebbero revocato i servizi sociali?»

Giulio alzò la testa e lei riprese.

«Ho sentito che stai scontando una pena. Spaccio di droga, ricettazione? Che hai combinato?»

«Ho ritoccato sei polizze assicurative».

Isa ficcò le mani nelle tasche.

«Dunque, sei un imbroglione?»

Lui alzò gli occhi verso la finestra del secondo piano.

«Tu, non ho ancora capito che cosa hai fatto per essere sorvegliata».

«Guarda che non mi sorvegliano».

«Si affacciano quando esci, e rientrano dopo di te. Anche quando sei da sola. Il primo giorno, mi hanno detto di non infastidirti perché eri sotto osservazione».

«Stai mentendo?»

«No, sono sincero».

«Ah, la tua sincerità. È per colpa di quella che mi hanno vietato di fare lezione fuori».

«Loro devono tutelare i bambini, e io devo difendere la pergola».

Lei salì sulla prima asse, poi sulla seconda. Giulio si piazzò alla fine del camminamento. Lei avanzò fino a che gli fu davanti.

«Fammi passare».

Il giardiniere rimase immobile.

«Su, devo riportare in classe i barattoli».

«Hanno già chiesto a me di farlo».

Isa iniziò a vedere a chiazze nere e gialle.

«Spostati, dai. Ho bisogno di sedermi».

«Torna dentro, allora».

«Voglio sedermi sulla panca».

«No».

Lei lo spinse con entrambe le mani.

«Fammi passare!»

Giulio oppose resistenza e Isa si aggrappò alla sua camicia. Torse il cotone per assicurare la presa, poi lui la allontanò con una manata. Cadde a terra, davanti ai suoi piedi, tra unʼasse e lʼaltra.

Il giardiniere si scrollò la camicia e dal fondo ne uscì un sacchetto, legato a un cordoncino spezzato.

«Guarda che hai fatto».

Prima di alzarsi, lʼodore di un miscuglio stomachevole la fece voltare. Vide il giardiniere riannodare il cordoncino e scoprì da dove proveniva quella puzza: un sacchetto color écru.

«Cosa ci tieni, lì dentro?»

Giulio sbuffò e lei alzò il tono.

«Me lo dici, cosa cazzo ci tieni?»

«Quello che ho seminato!»

Lei si allungò verso la panca, il giardiniere la bloccò ancora un volta. Allora lo graffiò come aveva fatto con i mobili di sua madre. Lo artigliò una, due, tre volte, feroce come un animale. Appena sentì la pelle lacerarsi, lui gridò aiuto.

Lʼombra si affacciò al quarto assalto, quando le narici di Giulio erano già guastate dallʼodore ferroso del sangue.

Isa trascorse giorni senza passarsi le dita fra i capelli o riuscire a slacciarsi le scarpe. Si lavò con i palmi e mangiò dalle mani unite a conca. Le unghie si erano spezzate durante la lotta, come contro la madia di sua madre.

Era fuggita quando aveva sentito le sirene della polizia, lasciando Giulio a terra. Si era inoltrata nei boschi senza orologio e con il quaderno di Alex. Raggiunta la panca, lesse.

Retro del quaderno ‒ Cadmo deve sacrificare agli dèi una mucca vicino a una fonte custodita da un drago. Il mostro stermina i compagni di Cadmo e lui lo uccide. Cadmo sacrifica la mucca. [Freccia verso il basso]
Cadmo semina i denti del drago e da ognuno spunta un soldato. (Sparto vuol dire “uomo seminato”.) [Freccia verso il basso]
Gli Sparti combattono tra di loro e solo cinque non muoiono. Costruiscono Tebe e Cadmo diventa il re della città.

Quella storia le ronzò nelle orecchie a lungo, mentre, ripresa la fuga, si aggirava fra gli aceri in cerca di un nascondiglio. La intervallava con il pensiero della pergola, che temeva fosse stata attaccata una seconda volta o, peggio, occupata da Giulio. Trovato riparo, col fiatone e le dita arrossate, strappò le pagine sulla semina dei fagioli e scrisse.

Giorno 1 ‒ La pergola ha preso fuoco in fretta, lʼerba pure, una colonna di fumo si è alzata verso lʼIstituto. Le nove piantine erano rinsecchite e cʼera il sacchetto color écru sopra la bacheca. Era al posto della piantina di Alex, che è sparita. Dentro al sacchetto cʼerano sei alberelli colorati con la scritta: vaniglia, pino, lavanda, cocco, limone e fragola. Li ho portati via e sotterrati nel bosco, allʼombra di un acero.

Infilò il quaderno sotto la testa, fra la nuca e le radici. Fantasticò su un regno senza demoni in agguato, sicura della riuscita del nuovo esperimento.

Stavolta lʼaveva deciso lei, che cosa seminare.

2 Replies to “Denti di drago“

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *