L’ospite
“Non capisco, a che serve cucinare quando avremmo potuto ordinare il catering?” “Amore, le cene iniziano molto prima che gli invitati arrivino, è questo il bello.” “Vuoi dire che l’ospite è un accessorio?” “L’ospite è un test.”
“Non capisco, a che serve cucinare quando avremmo potuto ordinare il catering?” “Amore, le cene iniziano molto prima che gli invitati arrivino, è questo il bello.” “Vuoi dire che l’ospite è un accessorio?” “L’ospite è un test.”
È sdraiata sul lettino, gli airpods alle orecchie; piercing tribali sul lobo sinistro, conficcati come ami nella cartilagine di un bivalvo di carne. Stende le gambe sopra la tela verde. I piedi indossano piccoli fantasmini di sabbia vulcanica. Gli occhi sono coperti da lenti riflettenti.
La peluria che si scorgeva appena era il mio dettaglio preferito. Quando alzavano le braccia per prendere al volo il pallone, quando si allungavano come lucertole per acchiappare una lattina di coca cola ghiacciata. Peli biondi o neri come la notte.
Lei gli insegnava i nomi degli alberi. Lui non le aveva ancora preso la mano, ma entrambi sapevano che l’avrebbe fatto. Quando la folla smette di premere, trovando una collocazione provvisoria, Arturo getta lo sguardo in qualche posto il più possibile lontano e si ferma, scosso solo dai movimenti della metropolitana.