Il cane

Io e mia moglie eravamo seduti al bancone della cucina. Era un sabato pomeriggio e ci godevamo il nostro prosecco fresco, accompagnato da pistacchi salati e olive nere.

«Te lo ricordi che stasera mangiamo fuori?» mi ha chiesto.
«Pensavo che saremmo rimasti io e te e che magari, dopo laperitivo, mi avresti cucinato qualcosa di buono».
«Andiamo dalla mia amica. Te lavevo ricordato ieri».
«Daccordo».
«Questa sera devi farmi un favore. Non fare lo stronzo. Parla con suo marito. Consideralo un po. Sembra sempre che non hai voglia di parlargli. Mi ha pure detto che gli stai simpatico. Ma ogni volta non lo consideri e io sto lì con lansia. Mi sento sempre che devo controllare se state parlando e se lo consideri».
Le ho riempito il bicchiere. Mia moglie adorava il prosecco. Per questo ne tenevamo sempre una bottiglia in fresco. Io preferivo il vino bianco, ma era sabato sera e volevo farle piacere.
«Ci starò attento» le ho detto, lei mi ha baciato. Poi le ho sbucciato alcuni pistacchi e glieli ho messi da una parte.
«Me li sbuccio da sola, è divertente».
Ho riempito il mio bicchiere e abbiamo brindato.
«Alla letteratura russa!» Il marito della sua amica era fissato con la letteratura russa. Lei ha riso.
«Lo sai cosha fatto lultima volta? Eravamo nel suo studio e lui mi spiegava quantè assurdo pensare che Dio possa esistere davvero. A un certo punto ha smesso di parlare e ha spento la luce. Siamo rimasti al buio completo, in silenzio. Io gli ho detto, cosa cazzo fai? E lui, questo cè dopo la morte. Anzi, neanche questo, mi ha detto, perché non ci sono io che ti parlo».
Mia moglie ha riso.
«Credi che abbia ragione?»
«Cosa ne so. Però cazzo, mi ha fatto venire i brividi».
«Secondo me è una persona molto colta. E gli stai anche simpatico, te lho detto. Comunque, fallo per me, daccordo? È solo una sera ogni tanto. Tu hai i tuoi amici, ci esci, ci parli. Io ho solo lei. Mi fa piacere vederla e vorrei stare tranquilla. Fammi questo favore».
«Non ti preoccupare». Ho tirato su la bottiglia per il collo e ho aggiunto: «La finiamo?»
Lei ha dato un gran sorso e mi ha allungato il bicchiere vuoto.
Le giornate erano corte e il sole stava calando alle sue spalle.
«Che ti frega di quello che ti dice» ha continuato «è un fissato, basta saperlo. Però a me certe cose non viene a dirle. Io so bene quali sono le cose in cui credo, i miei principi».
Ha preso un altro pistacchio. Lha girato, lha portato fra i denti e lha aperto. Poi ha notato che la guardavo. «È divertente».
«Qua non contano i principi. Sai quanto contano i principi per me».
Mia moglie ha posato il bicchiere. Ha incrociato le braccia sul bancone e si è fatta seria. «Non dire stronzate. So che ci giochi a essere in un certo modo, ma con queste cose non lo fare. I principi sono tutto».
«Non lo dico per dire. È che lo penso. Fa tutto parte del pacchetto» mi sono accorto che cominciavo a biascicare, così ho posato il bicchiere «Sai, la maschera che indossi e tutto il resto. Anche i principi ne fanno parte. Non è che siccome sono principi, quelli sono diversi. Scegli i principi come scegli le scarpe che indossi, tutto qua».
«I principi sono tutto».
«I principi non sono tutto.» ho detto io «I principi sono come tutto il resto. Io li ho i miei principi secondo te?»
«In questo momento no» mi ha appoggiato le mani sulle ginocchia. Poi è entrata in cucina sua figlia. Indossava una camicetta bianca e nientaltro. Ci ha zampettato davanti e si è messa in posa.
«Mettiti addosso qualcosa» le ha detto mia moglie.
«Volevo farti vedere la camicetta» ha risposto lei. Si è sollevata il colletto e ha fatto un giro su se stessa. Io mi sono voltato e ho cercato di non guardarla.
«Mi piace, ti sta bene. Ma vatti a vestire».
Sono rimasto a fissare le bollicine che salivano lungo il calice mentre sua figlia correva in bagno. Era la copia di mia moglie. A volte pensavo che, se guardavo lei, vedevo come sarebbe stata mia moglie se lavessi conosciuta ventanni prima.
«E falla girare un po come vuole» ho detto quando lo scalpiccio di piedi nudi si è allontanato. Mia moglie non mi ha risposto.
«Esce con quel tipo?» le ho chiesto «Quel tipo non mi piace».
«No, esce con la sua amica. E comunque non deve piacere a te».
Siamo rimasti in silenzio per un po a mangiare pistacchi. Quando sono finiti, abbiamo attaccato le olive. Sapevo cosa cera che non andava e lo sapeva anche lei.
Sul piccolo televisore nellangolo passavano la notizia di un attentato in una moschea.
Mia moglie si è avvicinata al televisore e ha alzato il volume. Si vedevano le immagini di corpi stesi a terra, uno accanto allaltro, stanza dopo stanza.
Poi hanno fatto vedere il terrorista. Gli hanno inquadrato le mani quando ha fatto un segno. La voce del cronista ha spiegato che era il simbolo di un gruppo di estremisti del potere bianco.
«Che orrore» ha detto mia moglie.
«Adesso spegni». Lei ha spento ed è tornata a sedersi. Non restava che aprire unaltra bottiglia di prosecco. Sua figlia è tornata in cucina per dirci che era pronta per uscire.
«Scendo anchio. Porto giù il cane».
«Va bene. Ma non tornare tardi».
«Siamo sempre in anticipo, lo sai».

Sono entrato in ascensore con il cane di mia moglie e con la figlia di mia moglie. Il cane le si è seduto ai piedi. Mi sono chinato per legarlo al guinzaglio. Ero a testa in giù e fissavo le cunette dietro alle sue ginocchia, dove iniziavano i muscoli dei polpacci. Aveva le gambe di mia moglie, ma la pelle era tesa e lucente. Ho pensato che si fosse data un olio o qualcosa del genere per renderla così lucente. Lascensore era carico del suo profumo.
Fuori dal portone cera la sua amica. La aspettava seduta in macchina. Era un mascherone abbronzato carico di trucco. Le ragazze mi hanno salutato. La sua amica mi ha fatto un gran sorriso e ha mosso le sue stupide dita mostrandomi le unghie smaltate.
Ho girato langolo e ho aperto il bagagliaio della macchina. Ho fatto salire il cane e gli ho dato un biscotto a forma dosso. Lho chiuso dentro.
Ho attraversato la strada e ho percorso i portici. Avevo tutto il tempo che mi serviva. Sono arrivato davanti al negozio orientale in fondo allisolato e sono entrato. La signora dietro al bancone mi ha salutato.
Sui divani dingresso non cera nessuno. «Posso salire?»
«Oggi la tua amica non cè. Vai, vai, cè altra». Poi ha pronunciato un nome che non mi diceva nulla. «Bella, bella» ha aggiunto «La conosci».
Sono salito e sono entrato in una stanza. Mi sono spogliato e sdraiato a pancia in giù. Poco dopo si è aperta la porta ed è entrata la ragazza. Mi era già capitata. Aveva uno sguardo spento e parlava poco. Non che avesse qualcosa che non andava. Anzi. Ed era giovane. Ho chiuso gli occhi e mi sono rilassato. Li ho riaperti quando la ragazza mi ha chiesto di voltarmi. Avevo unerezione da quando aveva iniziato. Poi ho sentito entrare qualcuno nella stanza accanto. La ragazza ha cominciato a massaggiarmi la pancia e linguine. «Lolio» le ho detto «Usane tanto». Dalla stanza accanto sono saliti dei lamenti che non capivo. Erano sbuffi e grugniti, come di una persona che stesse russando per finta. O godendo per finta. La ragazza si dava da fare e sembrava non badarvi, ma il nostro vicino non la smetteva. Siamo andati avanti per qualche minuto. Io a cercare gli occhi della ragazza, lei a fissarmi tra le gambe e il nostro vicino a grugnire e a sbuffare. Poi i lamenti sono finiti e ho sentito luomo scendere giù per le scale. Allora ho pensato: dai che tra poco finisco.
«Me ne vado!» ha urlato il cliente.
Poi si è aggiunta unaltra voce al piano di sotto. Ero certo che fosse il vecchio, il marito della signora. «Tu! Paga!» ha gridato. Così mi sono rivestito e sono sceso al piano di sotto. Sentivo le mutande bagnate dolio in mezzo alle gambe e le palle che ci scivolavano dentro.
Il cliente era un omino piuttosto basso e scavato. Indossava una maglia aderente che gli sarebbe stata bene se fosse stato più muscoloso. Portava i capelli leccati allindietro che accentuavano il suo naso adunco e le braccia erano tutte blu di tatuaggi sfocati.
«Non ci penso neanche.» ha detto il cliente «Mica sono venuto».
«Tu! Paga! Tu! Paga!» Il vecchio stava fermo davanti alla porta. Era grosso e largo. Indossava una canottiera bianca che gli rendeva le spalle cadenti ancora più spioventi. Teneva i pugni alti e le gambe piegate che sembravano imbullonate a terra.
«Fatemi uscire di qua!» ha detto il cliente.
Sono sceso dalle scale che mi stavo ancora abbottonando i pantaloni.
«Che cè? Perché non vuoi pagare?»
«Non sono venuto. Con questa non ce la faccio».
La signora è tornata dietro al bancone e non ha detto una parola.
«E allora? Neanchio sono venuto, però pago».
«Tu sei venuto, invece».
«No che non sono venuto. Però il massaggio lho preso. E tu?»
«Pure io. Ma non sono venuto».
«Fagli la ricevuta» ho detto alla signora «Fagliela solo per il massaggio».
Lei ha fatto la ricevuta e lha messa sul tavolo.
«Tu mi stai fregando» mi ha detto il cliente. Dietro di lui, il vecchio aveva smesso di urlare, ma teneva sempre i pugni alzati.
«Non ti sto fregando. Con i versi che hai fatto per tutto il tempo non sarei venuto neanche se ci fosse stata laltra ragazza».
A quel punto il cliente ha tirato fuori dalla tasca una banconota e senza neanche guardarla lha posata sul bancone. Poi ha fatto il giro intorno al vecchio ed è uscito.
«Abbassa i pugni» ho detto al vecchio. Ho tirato fuori una banconota e lho lasciata anchio sul bancone.
«No, no, tu no» mi ha detto la signora. Ma io lho lasciata comunque. Ho preso la ricevuta e sono uscito. Avevo le mutande fradicie di olio.

Ero soddisfatto di come avevo gestito la situazione. Anche per aver pagato. Ecco i miei principi, ho pensato. Ma non lo avrei detto a mia moglie. Con lei era tutto a posto. Mi sentivo a posto.
Mentre camminavo ho anche pensato a sua figlia e a quella sua amica con le unghie stupide. Se non avessi avuto i miei principi, ho pensato, ne avrei già fatte di cose. Neanche questo lavrei mai detto a mia moglie. E neanche che quel terrorista, quello che avevano fatto vedere alla televisione, mi aveva fatto sentire al sicuro. Era strano, ma lo avevo pensato. Nel senso che, in fondo, stava lottando per me, per quelli come me, anche se io non lavevo chiesto. E mi aveva fatto sentire al sicuro. Però mi era piaciuta la decisione con cui mia moglie aveva difeso i suoi principi. Mi piaceva avere a fianco una donna così. Mi piaceva proprio. A cena mi sarei rotto le palle, ma dopo no. Era il fatto di vederla fuori, di vederla parlare con altre persone, in un altro ambiente, vestita per bene. E dopo mi sembrava diversa. Anche più giovane. Ma non glielo avevo mai detto.
Quante cose, ho pensato, e sono entrato in casa. Dietro alla porta mia moglie si stava mettendo le scarpe. Si era trasformata per la serata ed era molto bella. Si era messa gli orecchini e la gonna. Mi ha guardato ed è rimasta in silenzio. Anchio lho guardata. Poi mi ha detto: «Il cane».
Io sono rimasto vuoto. Non avevo niente da dire e niente tra le mani, neanche il guinzaglio.
«Il cane» mi ha detto di nuovo, «Vallo a prendere».
Si è chinata in avanti per allacciarsi la fibbia di una scarpa. La caviglia le è tremata. Le ho allungato una mano, ma lei si è appoggiata al muro. Allora mi sono voltato.
«Fai presto, che dobbiamo andare» mi ha detto.

2 Replies to “Il cane“

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *