Se il tempo è lineare, il passato è infinito, il futuro è infinito, il presente è il punto in cui passato e futuro si toccano.
Sun Wukong, re delle scimmie, dopo secoli di immutabile giovinezza, notò una mattina minuscole rughe sulle mani, grinze simili alla trama di una stoffa non stirata: decise così di dare inizio al suo secondo viaggio in Occidente. Convinto che il tempo fosse una retta e che passato e futuro sprigionassero dal presente muovendosi poi in due direzioni opposte – fiume bicipite con una fonte e due foci –, pensava di poter raggiungere il punto preciso in cui il Sole, tramontando ogni giorno, insegna ai viventi a accettare la fine di tutte le cose: lo pensava, e pensandolo se ne convinceva e convincendosi ne sentiva il bisogno.
Viaggiò per anni e nel viaggio affrontò, con il suo bastone magico capace di allungarsi, mostri antropofagi e streghe divoratrici di infanti, sconfiggendoli tutti e avendo in premio la possibilità di incontrare ogni sorta di sapienti, sacerdoti e profeti, di confrontarsi con re, imperatori, raja, comandanti di milizie o semplici ras. Vide al contempo affannarsi i mercanti di spezie e tessuti, lavorare gli artigiani del legno, del ferro, dell’argilla e del vetro, faticare contadini e pastori, arrangiarsi e sopportare gli stenti la povera gente.
Fattosi orecchio in mezzo alla folla, si rese conto che smisurate come il passato erano le esperienze nella memoria e illimitate come il futuro le speranze: due infinità che confermavano la sua concezione del tempo.
Eppure in tutto questo viaggiare il re delle scimmie non aveva ancora raggiunto alcun tramonto.
Dopo cento anni di vagabondaggi, una sera trovò qualche pelo bianco sul petto, nella barba e fra i capelli, e si sentì frustrato e stanco: interruppe il cammino. Per giorni rimase a guardare alcune bufale d’acqua al pascolo, il loro ruminare senza scopo, il loro farsi mungere senza opporre resistenza. Il sentimento di pace e armonia cominciò a deteriorarsi: il re delle scimmie si sentiva scivolare in quell’ottuso regno animale da cui era emerso mille anni prima – quando piegò alla sua volontà i quattro dragoni dei mari – e ne provò orrore. Rischiava di perdere un’anima conquistata con così grande fatica?
L’esempio dei pacifici bovini, tuttavia, gli procurò una nuova, potente intuizione. Abbozzò una mappa circolare del tempo e si rimise in viaggio. Riuscì a fermare il Sole all’orizzonte, regolando la velocità di volo della sua nuvola magica nel punto e nel momento prima dell’inabissamento: si trattava solo di raggiungerlo, pensò. Invece – e se ne accorse la seconda volta che uno stormo di rondini incrociò la sua rotta in senso opposto rispetto alla prima (migrazione invernale specchio di quella estiva) – Sun si trovava di nuovo inchiodato a un istante immutabile.
I fenomeni attorno avevano un inizio e una fine – le stagioni, i monsoni, le guerre, gli affari, gli amori – ma il re delle scimmie non aveva imparato a accettarlo e per questo non riusciva a avvicinarsi di un passo al suo Sole calante. Capì che muoversi nello spazio rimanendo fermi nell’eterno presente era inutile. Doveva sviluppare una concezione temporale ancora diversa.
Se il tempo è circolare, il presente abbraccia il futuro e si lascia alle spalle il passato, ma, per compensazione, è necessario un punto che, sulla stessa circonferenza, affronti il passato per trasformarlo in futuro.
Il re delle scimmie decise di interpellare il saggio Sanzang rifugiatosi da secoli in una grotta ai piedi delle montagne, lontano da tutto. Trovare Sanzang fu difficile, ma non quanto raggiungere l’estremo Occidente, e il saggio, ascoltata la richiesta del re, e la sua esperienza, e le sue teorie, rimase per più di due lune a pensare, quindi gli fece notare, compasso alla mano, che, nel caso il tempo fosse circolare, doveva per forza esserci un punto della circonferenza in cui il passato si trasforma in futuro per annullare l’effetto di invecchiamento inflitto al presente nell’istante di transito fra dopo, adesso e prima. “Lo collocherei agli antipodi, coraggioso Sun. Lo chiamerei antipresente”.
“Perché proprio lì? Perché agli antipodi? Perché non a un soffio dal futuro?” chiese il re per presunzione, volendo competere con Sanzang in speculazioni filosofiche.
“È possibile. Tutto il tempo allora è passato tranne due istanti: il presente e il futuro”.
“Vuol dire che posso raggiungere il Sole che tramonta con un solo balzo?”
“A questa domanda non so rispondere. Devo riflettere”.
Passarono molti giorni. Sun Wukong si esercitava col bastone, faceva esercizi di meditazione, cercava l’ispirazione per comporre canzoni, mentre Sanzang si muoveva in cerchio come un carcerato alla corda. “Trova questo punto, scopri il momento in cui il passato si trasforma in futuro e spezzerai l’incantesimo”, disse improvvisamente, senza smettere di camminare, in un giorno di nebbia. Il re delle scimmie prese nota, pur capendo che non si trattava della risposta definitiva. “Tutto il tempo è passato: quello trascorso e quello che ci attende. Niente ci garantisce che il secondo sia diverso dal primo. Alcuni chiamano destino il passato che ci attende”, disse ancora il saggio Sanzang, ma stavolta Sun Wukong non diede troppo credito al responso, lo considerò il vaneggiamento di un uomo in trance che aveva prodotto una semplice constatazione di buon senso. “Nei due istanti che chiamiamo presente e futuro si concentrano i cambiamenti che possono trasformare il passato che ci attende, renderlo diverso dal passato trascorso. Alcuni danno il nome di fatalità, o destino, a questi cambiamenti”, disse ancora Sanzang, una notte, svegliando Sun Wukong giusto il tempo di uno sbadiglio.
“Scendi nelle tue memorie, ritorna all’infanzia e troverai l’antipresente” fu l’ultima profezia che pronunciò il vecchio saggio prima di chiudersi in un silenzio simile alla morte. Questo indizio sembrò al re delle scimmie più fecondo dei precedenti: decise di indagare nel proprio passato, che era sconfinato, ma non infinito. Si applicò assiduamente alla meditazione, redisse un diario a ritroso, si affidò all’ipnosi. Risalì a tempi remotissimi, quando era evaso dalla montagna di roccia sotto cui il Buddha l’aveva imprigionato per punirlo della sua impudenza e più indietro ancora, quando, raggiunti i confini del mondo per scoprire che si trattava solo delle dita della mano del Buddha, si era meritato l’atroce castigo. Ma non trovò alcuna traccia dell’antipresente. Ne fu contrariato, tanto di più perché le ginocchia cominciavano a cedergli: stava forse perdendo tempo?
“È in sogno che agisce l’antipresente”, disse una notte Sanzang e Sun Wukong, non ricordando la voce del saggio dopo un così lungo silenzio, non la riconobbe subito. “È in sogno che l’antipresente interviene sul passato e lo trasforma in futuro”, proseguì Sanzang. Nel sonno Sun Wukong si rivide giovane e bello, forte e coraggioso, invincibile. Sognare aveva prodotto una sensazione ben più vivida del semplice ricordare: seppe allora che la risposta del saggio Sanzang si stava avvicinando.
Tempo presente e tempo passato sono entrambi presenti nel corpo, così come il tempo futuro. Se tutto il tempo è eternamente presente, tutti i corpi sono irredimibili.
“È sul nostro corpo che vediamo i segni del tempo, è sul nostro corpo che il Sole tramonta ogni giorno. Solo per gli dèi il tempo è circolare. Per i mortali il tempo è lineare, per i mortali il tempo ha un inizio e una fine. Sun Wukong, re delle scimmie, noi siamo mortali o immortali?” arrivò a chiedere Sanzang una sera che il cielo stava stingendo il colore del sangue per assumere quello del lutto. Sun Wukong non seppe rispondere. Come avrebbe potuto? Chi può dire che non accadrà domani proprio ciò che più si teme, sebbene sia scritto il contrario, sebbene per millenni la fine non si sia fatta presente? E se il futuro, corpo e tempo, non fosse completamente contenuto nel passato? Se il futuro serbasse degli imprevisti? Ma che tipo di imprevisti? Né Sun Wukong era pronto a accettare che fosse il suo corpo quel punto che stava cercando da secoli.
Infine comprese, e comprendendo ebbe paura, e avendo paura ripudiò la sua ricerca: raggiungere il Sole al tramonto non aveva alcun senso, lo spaventava a morte.
Trascorsero ulteriori mesi, Sanzang, intanto, aveva ripreso la sua vecchia vita fatta di meditazione, letture, doni agli dèi e lavori quotidiani. Il re delle scimmie non poteva, invece, rimanere fermo oltre: non era nella sua natura e l’ozio lo rendeva pigro, triste, stanco. Doveva rimettersi in viaggio: con l’esperienza accumulata e le filosofie apprese poteva tornare a casa, nel suo estremo Oriente, lontano dalla morte, dalla certezza di perdere ciò che amava, e dal rischio ancora più ferale di accettare tale perdita, addirittura di desiderarne l’accettazione.
Doveva invertire la rotta: cercare l’antipresente, ma per trovare un’alba, molte albe, il continuo sorgere del tempo, lo sgorgare di futuro e passato dalla fonte inesauribile del presente, doveva risalire i due fiumi e allontanarsi dal mare eterno in cui entrambi sfociano.
Con un balzo Sun Wukong fu sulla sua nuvola, nel vento, verso est.