Spore

Le lenzuola sembravano un elefante.

Nina cercava gli animali che le avevano fatto compagnia quando era piccola. Li cercava nelle pieghe del letto ogni volta che si alzava per fare la pipì. Si muoveva solo per andare in bagno, da tre giorni. Lo aveva capito venerdì, dalla riga della matita sotto l’occhio destro venuta troppo sghemba. Era in ritardo, come sempre, aveva chiuso la porta di casa di corsa ma mentre girava la chiave la mano si era bloccata. Si era guardata intorno, il tappeto dei vicini era ancora arrotolato contro la parete per la pulizia delle scale del giorno prima. Non erano in casa, nessuno lavrebbe vista.
«Ho avuto un piccolo incidente col monopattino, niente di grave ma oggi non riesco a venire in ufficio.»
Aveva girato la chiave in senso contrario ed era rientrata in casa. Aveva lasciato lo zaino vicino alla porta e si era spogliata buttando i vestiti per terra, mentre avanzava verso il letto ancora sfatto. Si era rimessa a dormire i sonni persi.

«Cos’hai fatto oggi?»
«Ho pulito casa, mamma.»
Aveva risposto mentre guardava i cumuli di vestiti da piegare sulla sedia accanto al letto.
«Ma non vieni domani a pranzo?»
«Non penso ma’, ho da fare.»
Non le aveva tutte le energie che servivano per un pranzo in famiglia.
La portafinestra della sala sbatteva, laveva lasciata aperta anche se faceva freddo, aveva bisogno di sentire l’aria circolare. Aveva iniziato a scorrere i video di tik tok, se le avessero chiesto cosa aveva visto, non avrebbe saputo dirlo.
Quando la mano aveva iniziato a formicolare aveva smesso. Si era girata sul fianco sinistro e aveva preso a fissare il muro.
Sulla mensola il cactus nel vasetto rosso era cresciuto, ma era pieno di buchi marroni.
Non annaffi le piante da un mese, Nina.
Aveva iniziato a piangere e si era girata dall’altra parte, verso la finestra: un indiano urlava al telefono.

Google, fibromialgia sintomi, “gambe che tirano”, dolore alla schiena cause, diabete.
Il peso lo sentiva lì, tra la gola e lo sterno, lo sentiva rotolare giù ogni volta che deglutiva, come una polpetta intera.
Si era accartocciata coprendosi con il lenzuolo fin sopra alle orecchie, il naso fuori, così riusciva a respirare.

Come va?
Tutto bene. Ho solo un fastidio dalla schiena alle gambe.
Dovresti fare più movimento, stai sempre seduta, dovresti dimagrire, dovresti prenderti cura di te stessa. Tu non ti ami.
Vado che devo buttare la pasta, l’acqua sta bollendo.

Guardava il soffitto, c’era una ragnatela nell’angolo vicino all’armadio.
Non hai steso la roba in lavatrice, Nina. La lavatrice di due giorni fa, Nina.
Cazzo. Vabbè, semmai li rilavo.
Aveva inclinato un po’ la testa verso destra, le sembrava che ci stesse perfetta in quella piega del cuscino, sentiva la morbidezza, il respiro si era allentato, gli occhi si erano chiusi.

Era aperta campagna, quella dei film con gli alberi pieni di frutti di colori innaturali, mele troppo rosse, pere troppo gialle. Lui la inseguiva, era veloce ma senza volto. Aveva corso fino al melo, sentiva che laria non le entrava nei polmoni. Era riuscita a salire sull’albero ma lui era già lì sotto. Aveva aperto a fatica la bocca per urlare ma non era uscito alcun suono. Si era risvegliata così, a bocca aperta e col respiro mozzato.

Ma cos’hai da essere depressa, Nina? Ma lo sai che la gente ha problemi veri, Nina? Se non ti rialzi da sola non lo può fare nessuno per te, Nina.
Il nonno con lo zoloft dormiva sempre, a volte sorrideva anche.
Nina voleva dormire e sorridere. Ne aveva rubata una scatola quando se nera andato, prima che la mamma buttasse tutte le medicine: la teneva in fondo al cassetto delle mutande. Ogni tanto la tirava fuori, la guardava e pensava al nonno seduto sul divano con gli occhi chiusi che sorrideva.

Zoloft contiene il principio attivo sertralina. La sertralina appartiene ad un gruppo di medicinali denominati Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina (SSRI); questi medicinali vengono utilizzati per trattare la depressione e o i disturbi d’ansia.

Perfetto, Nina.
Era saltata alle controindicazioni.

Quando non dev’essere usato Zoloft.
I medicinali non sempre sono adatti a tutti. Informi il medico prima di prendere Zoloft se soffre o se in passato ha sofferto di una delle seguenti condizioni:
Epilessia o storia di convulsioni. In caso di attacco epilettico, contatti immediatamente il medico.
Se ha sofferto di disturbi maniaco-depressivi o schizofrenia. In caso di episodio maniacale, contatti immediatamente il medico.

Se pensa o ha pensato di volersi fare del male o di uccidersi, Nina.
Se pensa o ha pensato di volersi fare del male o uccidersi.
Aveva preso la pastiglia, non succedeva niente, Nina guardava i numeri dei minuti cambiare sul telefono.
Poi era suonato il citofono, ma non si era mossa.
Suoneranno a qualcun altro, Nina.
Di nuovo. E di nuovo. E di nuovo.
Dieci passi fino alla porta, solo per farli smettere.
«Chi è?»
«Sono io. Ti ho portato la tua roba.»
Nessuno gliel’aveva chiesta, Nina.
Giorgio era salito su sorridente, lei aveva rifatto il letto e si era messa sulla porta, in pigiama. La scatola l’aveva nascosta sotto il cuscino.
«Ciao.»
«Come va?»
«Bene.»
«Cosa hai fatto oggi?»
«Ho pulito casa.»
Lo aveva visto guardare il mobile all’ingresso su cui erano ammucchiate due bollette da pagare, un accendino, le chiavi di casa, e un numero imprecisato di scontrini appallottolati, il tutto ricoperto da uno strato di polvere.
«Ok. Ti ho portato i vestiti che avevi lasciato a casa, li ho lavati.»
«Dovresti avvisare quando vieni.»
«Mi sembravi triste.»
«Nessuno te l’ha chiesto.»
«Ok, scusa.»
«Puoi andare ora, ho da fare.»
Lo aveva accompagnato alla porta come un estraneo, non come l’unica persona che sapeva sarebbe riuscita a farla respirare di nuovo, al ritmo giusto. Forse era per questo che lo odiava.

Ma cos’hai da essere depressa, Nina? Ma lo sai che la gente ha problemi veri, Nina? Se non ti rialzi da sola non lo può fare nessuno per te, Nina.

Aveva ricominciato a piangere e aveva preso un’altra pastiglia. E poi un’altra, perché non facevano mai effetto. E lei aveva bisogno di respirare, subito.
Il cuore aveva iniziato a batterle fortissimo, vedeva i muri del corridoio oscillare. Aveva la nausea.
Muoio. Così muoio. E se muoio?
Se muori non senti più niente, almeno, Nina. Se muori non ti manca più il respiro, Nina.
La portafinestra aveva sbattuto più forte. Non ci riusciva mai a vomitare, il cibo colpevole se lo teneva sempre nello stomaco.
Fallo, Nina. Provaci almeno, Nina. Respira, Nina.
Si era messa due dita in gola e aveva vomitato.
Era tornata a letto, aveva preso la scatola, pensava al nonno con gli occhi chiusi sul divano, forse quello non era un sorriso.

Era uscita sul terrazzo. Nelle fioriere le piantine di basilico, menta, rosmarino, timo, erano tutte seccate. Quando stendeva i panni Nina le guardava, poi richiudeva di scatto la portafinestra.
Ma buttale se sono secche!
No.
Aveva abbassato lo sguardo verso il vaso più grande, sapeva che anche la fragola era seccata.
Al suo posto però c’erano due fili d’erba e una piantina sconosciuta, con foglie piccole, tonde e ondulate. Era corsa a prendere il telefono, aveva fatto il numero alla velocità della luce.
«Pronto buongiorno, vorrei iscrivermi al corso di aquagym.»
Aveva sotterrato le pastiglie di zoloft, una per ogni vaso di basilico, timo, rosmarino.

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