Quando il corpo non è più preda dei bisogni fisici e agitato dai desideri, si apre un altro spazio. Come una sfera di vetro, questo spazio è completamente cavo: ogni voce risuona spettrale. Si può sentire la voce dell’anima.
È possibile anche che le voci siano più di una, che la sfera di vetro sia popolata da una moltitudine di voci: allora l’anima si compone di un insieme di anime mortali.
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Un uomo si agita nel letto d’ospedale. Le luci bianche, il silenzio, i rumori metallici del traffico in corsia. Non più giovane né ancora vecchio, l’uomo ha i muscoli del volto contratti, le mani artigliano le lenzuola che odorano di lavanda.
Una figura grigia è seduta accanto alla postazione del degente, vicino a una finestra che dà su un viale alberato.
Quando la figura parla, articolando parole incomprensibili con una voce metallica, l’uomo, il malato, stringe i denti, corruga la fronte e piange.
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A uno sguardo distratto il comportamento di un anoressico sembra bizzarro o, più spesso, suicida. A uno sguardo analitico il comportamento dell’anoressico sembra il tentativo di dimostrare l’esistenza dell’anima. “Io non sono questo corpo” dice l’anoressico a sé stesso. “Io non sono solo questo corpo” dice l’anoressico quando gli offrono del cibo.
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La figura grigia si alza, stende le pieghe del blazer e guarda l’ora dal suo orologio da polso.
È buio, le luci sono spente. Un lieve chiarore latteo illumina l’uomo steso sul lettino. Ha il volto sereno, ora, ma la figura grigia non può vederlo: è alla finestra e gli dà le spalle. Osserva i medici e i loro assistenti camminare gli uni accanto agli altri nel viale alberato che li separa dalle vetture private. Un medico si guarda intorno e bacia il suo assistente. Si stringono, l’uno tra le braccia dell’altro, appoggiati a un incerto lampione.
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[Un lamento lontano. Dev’essere un corpo addolorato che muore.]
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L’anoressico sorride con soddisfazione se qualcuno nota la sua opera. Un giorno, il professore di matematica, un omino basso e irascibile, lo prese a parte e gli disse: “Cosa ti prende? Se continui così ti ammazzerai”. Parlò stringendogli il polso che assomigliava sempre più a un ramo secco. Poi abbassò lo sguardo per un attimo, prima di rivolgergli uno sguardo fiammeggiante: “Hai un fratello e sei di esempio per lui. Ricordatelo”.
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Dopo vari tentativi, la figura grigia riesce a schiarirsi la voce. Si avvicina al letto del malato e parla: “Stai per morire. Hai vissuto abbastanza, è vero, ma hai buttato via la maggior parte del tuo tempo e delle tue possibilità. La resurrezione non è certa”.
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Quando, nello specchio che fronteggia la vasca da bagno in cui si lava, riesce a vedere le costole sporgenti e lo sterno appuntito come quello di un piccione, l’anoressico si scruta con sguardo bovino, con due grosse occhiaie scure a circondare gli occhi miopi. Come un artista con la sua opera o uno scienziato con il suo esperimento, l’anoressico conduce l’impresa con la massima determinazione. Rifiuta ogni sorta cibo preparato dalla madre, taccia gli amici di meschinità.
“Non capiscono, nessuno capisce quale spettacolo io stia allestendo per loro” dice l’anoressico, mentre nasconde il suo esperimento in un accappatoio di spugna.
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“Le persone non sono mai felici di finire in ospedale” dice un infermiere a una dottoressa.
“No. Ancor meno sono contenti di morire”.
Annuiscono entrambi, con l’aria di chi la sa lunga.
Si sente ciabattare in corridoio, è il primario.
“Venga con me, dottoressa”.
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L’anoressico nutre la sua anima: è famelica e urla come una bestia in fin di vita.
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Quando i medici entrano nella stanza, il piccione appollaiato sul davanzale bagnato di pioggia vola via. La figura grigia si alza, con le mani riunite sul basso ventre, in attesa dei medici. Quando le sono vicini, si coprono il naso, disgustati dal fetido olezzo emanato dalla figura.
Le dicono qualcosa e se ne vanno.
Il vento fischia forte nella stanza. La figura grigia recupera il borsalino, lo calca bene in testa e guarda l’uomo per l’ultima volta. E va via.
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L’arte di chi perfeziona sé stesso in una moltitudine di variazioni ed esercizi non è considerata arte dal popolo perché non dà luogo ad alcuna opera né prevede un debutto sul palcoscenico. L’anoressico è critico e artista allo stesso tempo. Ama scrutare le sottili trasformazioni dei volumi e delle dimensioni degli arti; provare l’elasticità dei tessuti. Speleologo del proprio corpo, misura la depressione della cavità addominale, tasta l’ampiezza della cavità pelvica e la profondità delle cavità nasali. Con il pugno della mano destra, verifica l’apertura della cavità orale, mordendo la pelle con incisivi piccoli e regolari. È la sua personale maniera di sorridere.